I ricercatori del Fraunhofer IOF hanno sviluppato un nuovo tipo di telecamera a infrarossi che migliora la sicurezza stradale. I veicoli autonomi, in particolare, beneficiano di questa tecnologia economicamente vantaggiosa.

L’Istituto Fraunhofer per l’ottica applicata e l’ingegneria di precisione IOF ha presentato un’innovativa telecamera a infrarossi sviluppata appositamente per i veicoli autonomi e i sistemi di assistenza alla guida. La telecamera opera nella gamma degli infrarossi da 8 a 14 micrometri e rileva in modo affidabile le radiazioni termiche, come quelle emesse dalle persone, anche in presenza di nebbia, buio o pioggia.

Grazie all’utilizzo di array di rilevatori di radiazioni a costi contenuti e a un design piatto con ottica catadiottrica, la telecamera è compatta, scalabile ed economica da produrre. Il campo visivo orizzontale è ideale per rilevare le persone ai lati della strada o sulle piste ciclabili. Con un’intensità luminosa di F/1,1 e una risoluzione angolare di 16 pixel/grado, la telecamera integra sistemi esistenti come lidar o radar senza dover ricorrere all’illuminazione attiva.

La produzione a livello di wafer semplifica notevolmente il processo di produzione e riduce i costi, dando luogo a un’ampia gamma di applicazioni possibili. Oltre che per i veicoli autonomi, la telecamera può essere utilizzata anche per il monitoraggio delle perdite di calore, il monitoraggio industriale o il controllo delle catastrofi.

Il Fraunhofer IOF conduce ricerche sui sistemi fotonici e sviluppa tecnologie ottiche innovative. Con circa 500 dipendenti, l’istituto genera un volume di ricerca annuale di 40 milioni di euro.

Le batterie agli ioni di litio (LIB) sono essenziali per la nostra tecnologia moderna, ma il loro smaltimento pone delle sfide. Un passo importante verso l’uso sostenibile di queste batterie è il riciclo della grafite, un componente chiave. I ricercatori dell’Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf (HZDR) hanno sviluppato un metodo di lavorazione della grafite delle batterie usate che ne consente il riutilizzo senza alcuna perdita di prestazioni.

Le batterie agli ioni di litio sono presenti in quasi tutti gli apparecchi elettrici e sono fondamentali per la mobilità elettrica. Con il passare del tempo, le loro prestazioni si degradano, il che aumenta la necessità di riciclare le materie prime che contengono. Oltre al litio, queste batterie contengono metalli come rame, nichel, cobalto e alluminio, nonché grafite. Quest’ultima è un componente importante dell’anodo, che rappresenta il 15-25% del peso della batteria ed è applicato a un foglio di rame. La purezza della grafite ha un impatto significativo sulle prestazioni della batteria.

Tradizionalmente, la grafite viene prodotta in modo sintetico, ad alta intensità energetica e con un’elevata impronta ambientale. Poiché la maggior parte della grafite anodica proviene dalla Cina, il riciclaggio è fondamentale per recuperare le materie prime e ridurre la dipendenza dalle importazioni. Ogni anno, in Europa vengono riciclate circa 100 chilotonnellate di batterie usate.

Durante il riciclaggio, la grafite viene recuperata dalle batterie frantumate. Il processo, noto come froth flotation, sfrutta le proprietà idrorepellenti della grafite per separarla da altri materiali. L’azienda australiana EcoGraf ha sviluppato un metodo ecologico che non utilizza l’acido fluoridrico, altamente tossico.

I ricercatori degli Istituti Helmholtz di Ulm e Freiberg hanno testato la grafite riciclata per verificarne la purezza e la riutilizzabilità. I test hanno dimostrato che le prestazioni elettrochimiche della grafite riciclata sono paragonabili a quelle della grafite anodica nuova. La grafite riciclata mantiene una notevole capacità di immagazzinamento di oltre 350 mAh/g e mostra un’elevata stabilità di ciclo con una conservazione della capacità dell’80% dopo 1000 cicli di carica.

Questi risultati rappresentano un passo significativo verso il rispetto del regolamento europeo sulle batterie e del Green Deal. Il riciclo della grafite contribuisce in modo significativo all’economia circolare, riducendo la dipendenza dalle materie prime primarie e minimizzando l’impatto ambientale.

Ulteriori informazioni su:
https://idw-online.de/de/news831443

L’Istituto Fraunhofer per l’affidabilità e la microintegrazione IZM sta lavorando con partner industriali a un inverter innovativo per veicoli elettrici che potrebbe aumentare significativamente le prestazioni degli azionamenti elettrici grazie a una migliore gestione del raffreddamento e a materiali moderni.

Il surriscaldamento spesso limita le prestazioni delle unità dei veicoli elettrici. Per risolvere questo problema, il Fraunhofer IZM sta sviluppando un nuovo inverter nell’ambito del progetto “Dauerpower” che produce meno calore e funziona in modo più efficiente. Questo dispositivo può funzionare a temperature più basse grazie a una gestione ottimizzata del raffreddamento, che riduce l’area del semiconduttore e i costi.

La nuova tecnologia utilizza transistor in carburo di silicio, che offrono una maggiore resistenza alle temperature e una migliore efficienza rispetto al silicio tradizionale. Questi transistor sono applicati direttamente su substrati ceramici con un processo innovativo che ottimizza l’uso del materiale e riduce le sollecitazioni meccaniche.

Un ulteriore passo avanti è rappresentato dall’utilizzo di elementi di raffreddamento in rame stampati in 3D, che consentono una migliore conduzione del calore e rendono il circuito di raffreddamento più efficiente. La disposizione innovativa e il collegamento diretto del raffreddamento ai semiconduttori consentono di ottenere una distribuzione uniforme della temperatura, rendendo il sistema meno suscettibile al surriscaldamento

Il progetto, sostenuto anche da Porsche e Bosch, mira a sviluppare ulteriormente il prototipo e ad effettuare test approfonditi. I risultati potrebbero portare a una produzione e a un utilizzo dei veicoli elettrici più efficienti dal punto di vista delle risorse, riducendo i costi della mobilità elettrica e aumentandone la sostenibilità.

Ulteriori informazioni sono disponibili su:

https://idw-online.de/de/news832174

Dopo una catastrofe ogni minuto conta. Nella ricerca dei sopravvissuti, vengono spesso utilizzati velivoli senza equipaggio (UAV) che forniscono un quadro iniziale della situazione in aree difficili da raggiungere e aiutano a rintracciare le vittime, purché visibili. I ricercatori dell’istituto Fraunhofer FKIE vogliono utilizzare una nuova tecnologia per colmare una lacuna nella protezione dalle catastrofi: in futuro, i droni dotati di un array di microfoni saranno in grado di captare le grida di aiuto e i segnali acustici di persone in difficoltà rilevandone l’esatta posizione per fornire alle unità di soccorso i dati di localizzazione dei feriti. Ciò aumenta notevolmente le possibilità di un salvataggio rapido di persone sepolte dalle macerie che non possono essere individuate dalla fotocamera.

Inondazioni in Libia, Grecia e Slovenia, incendi alle Hawaii e Tenerife, terremoti in Turchia e Marocco: se una regione è colpita da un disastro naturale, ogni minuto conta per salvare i feriti. Ma la ricerca dei sopravvissuti è complessa, gli edifici e le strade possono essere danneggiati e vaste aree inaccessibili. Di conseguenza, i droni dotati di videocamera termica e a luce naturale vengono sempre più spesso utilizzati per sorvolare rapidamente vaste zone con infrastrutture distrutte, individuare le persone in cerca d’aiuto e velocizzare la risposta delle squadre di soccorso. Ma c’è un problema: le vittime intrappolate sotto i detriti non sono visibili a questi sensori di immagine. Anche in presenza di fumo denso, fitta nebbia e oscurità, l’efficacia delle telecamere è ridotta. Per questi scenari, i ricercatori di Fraunhofer FKIE stanno progettando una soluzione che possa dotare le telecamere di sensori acustici: con LUCY, acronimo di Listening System Using a Crow’s Nest Array, è stata sviluppata una tecnologia che può salvare le vite di coloro che sono sepolti da macerie e intrappolati negli incendi.

Un array di microfoni riceve segnali da tutte le direzioni

LUCY è un array di microfoni MEMS, un cosiddetto «array a nido di corvo», montato sui droni per determinare la direzione da cui provengono i suoni, come le grida di aiuto, battiti di mani o qualsiasi altro segnale acustico. I microfoni MEMS sono piccoli e robusti, poco costosi e vengono utilizzati ad esempio anche negli smartphone. La particolarità di questo sistema è che i microfoni sono montati nella parte inferiore del drone in una speciale configurazione geometrica e possono percepire i suoni provenienti da qualsiasi direzione.

LUCY funziona analogamente all’orecchio umano che recepisce le informazioni sonore e le trasmette al cervello, dove vengono analizzate. Nel sistema ad array, le orecchie sono sostituite da microfoni, e il cervello da un’unità di elaborazione del segnale che stima la direzione della provenienza dei rumori. Poiché LUCY attualmente dispone non solo di due ma di ben 48 microfoni, la direzione della sorgente audio può essere determinata con precisione.

Inoltre, il sistema rileva le frequenze che l’orecchio umano non è in grado di registrare. Il numero di microfoni sarà aumentato a 256 sensori in grado di elaborare i segnali in tempo reale.

I rumori ambientali di distrazione vengono filtrati

Il sistema blocca i rumori ambientali distraenti, ad esempio provenienti da dispositivi di soccorso, vento o uccelli nonché dal rotore del drone stesso. Metodi di intelligenza artificiale (IA) e filtri adattivi vengono impiegati per filtrare i segnali e per imparare a riconoscere modelli sonori come grida, colpi o battiti di mani con cui le persone possono attirare l’attenzione in situazioni di emergenza. Il sistema utilizza un database di suoni diversi con cui l’IA è stata precedentemente addestrata. In combinazione con tecniche di elaborazione del segnale, quali il beamforming coerente, vengono rilevati e classificati i rumori determinando con precisione il loro angolo di incidenza. Un’unità di elaborazione compatta consente inoltre di elaborare i segnali molto rapidamente. Quando si verifica una catastrofe, i dati di localizzazione ricevuti devono essere trasmessi alle squadre di soccorso che possono poi utilizzare, ad esempio, i tablet per identificare la posizione esatta di chi è in cerca d’aiuto.

LUCY, un peso piuma

Grazie alla loro scalabilità, i moduli sensore e gli array di microfoni possono essere utilizzati su molti droni disponibili in commercio. Poiché sia la tecnologia MEMS sia droni sono piuttosto economici, se ne potrebbero utilizzare diversi per esplorare efficacemente l’area del disastro. Grazie al suo peso ridotto, i soccorritori possono anche portare con sé il sistema LUCY che può inoltre essere montato su veicoli terrestri o usato come apparecchiatura fissa.

La decisione del Parlamento europeo di eliminare gradualmente le auto a combustione interna a partire dal 2035 lo ha stabilito: il futuro dell’industria automobilistica sarà elettrico. Tuttavia, poiché un sistema di batterie ha una durata media di soli dieci anni, la montagna di batterie esauste sta crescendo e con essa il problema dello smaltimento e del riciclaggio dei componenti elettrici.

Un fattore decisivo per poter competere sul mercato è la disponibilità e il costo delle materie prime necessarie per le batterie e i motori elettrici. È quindi ancora più importante non limitarsi a distruggere le batterie esauste che contengono ancora materie prime preziose, come si è fatto finora. Tuttavia, il prerequisito fondamentale per poter riutilizzare i componenti di una batteria è che questi possano essere smontati in base al tipo.

Dalla fine del 2019 dodici partner di ricerca stanno lavorando proprio a questo aspetto. Il progetto «DeMoBat» (Dismantling of Batteries and E-Motors), coordinato dalla Fraunhofer IPA, è dedicato allo sviluppo di nuovi concetti e tecnologie per gestire e processare i componenti elettrici in modo tale da produrre il minor numero possibile di rifiuti e perdere poche materie prime utilizzate.

Progettazione di batterie facili da smontare

Un aspetto importante per lo smontaggio industriale è un design appropriato delle batterie, in modo che possano essere riparate o smontate manualmente o tramite robot. Una difficoltà in questo senso è rappresentata dai numerosi modelli di batterie delle varie marche e modelli di auto, il cui design attuale non consente facilmente il riciclaggio o l’implementazione di strategie alternative che ne permetta la gestione. Uno dei risultati del progetto è una raccomandazione pratica per un design compatibile con il riciclaggio. È stato inoltre costruito un prototipo di batteria facile da smontare e sono stati condotti studi approfonditi.

Capacità e gestione delle batterie

All’inizio, le batterie devono essere testate per verificare la capacità residua e i segni dell’età. In questa fase possono essere incluse anche le analisi della temperatura. Seguono poi i test di manipolazione, ossia la possibilità di aprire le batterie e di rimuovere i componenti. A questo scopo, nell’ambito del progetto di ricerca «DeMoBat», è stato creato un apposito robot dimostrativo . Inoltre, sono stati sviluppati gli strumenti necessari che possono, ad esempio, afferrare gli oggetti e allentare viti o connessioni. Ciò richiede anche una sosfisticata elaborazione delle immagini, che deve essere in grado di riconoscere un gran numero di viti, cavi e così via.

Nel corso del progetto sono state concepite e testate 25 tecnologie, 8 delle quali sono state completamente costruite come strumenti robotici dimostrativi e di prova che potrebbero essere utilizzate per il funzionamento ininterrotto degli impianti. Inoltre, è stato sviluppato un sistema di disassemblaggio flessibile in grado di mappare il disassemblaggio non distruttivo fino al livello delle cellule. La sicurezza rappresenta un fattore importante del sistema di disassemblaggio flessibile, in cui la temperatura viene utilizzata come possibile indicatore di una reazione a catena nel caso in cui una batteria prenda fuoco.

Riutilizzo di materie prime chimiche attraverso un getto d’acqua ad alta pressione

I partner hanno anche puntato a creare un efficiente ciclo a valore aggiunto, inizialmente separando e riciclando meccanicamente i componenti contenuti nel pacco batteria. Il riciclaggio basato sull’utilizzo del getto d’acqua ad alta pressione  è una forma innovativa di recupero diretto della cosiddetta «massa nera». Oltre all’apertura e alla separazione semi-automatica dei componenti delle celle, viene infatti utilizzato un getto d’acqua ad alta pressione per rimuovere il rivestimento degli elettrodi dalle lamine portanti. In questo modo è possibile ottenere riciclati con una bassa impronta di CO2, riducendo in modo significativo le emissioni di gas serra legate alla produzione quando la miscela è elevata.

Per determinare le condizioni delle celle della batteria in modo più preciso ed evitare onerose prove di laboratorio, presso il Fraunhofer IFAM di Brema è stato ulteriormente sviluppato il metodo per determinare la resistenza della corrente alternata all’interno della batteria utilizzando la spettroscopia di impedenza dinamica. In questo modo è possibile effettuare misurazioni durante il funzionamento, che consentono di trarre informazioni sulle prestazioni in tempo reale.

Molti sono i fattori determinanti l’invecchiamento delle celle delle batterie. Oltre all’invecchiamento solare, determinato principalmente dalle temperature di stoccaggio e dallo stato di carica durante l’immagazzinamento, è decisiva la storia di tutti i processi di carica e scarica con i carichi e le temperature che si sono verificati in ciascun caso. I fattori di influenza sono quindi numerosi e variabili per lunghi periodi di tempo, motivo per cui la determinazione precisa dello stato di invecchiamento è complessa ed è risultata finora molto onerosa. Gli approcci esistenti si basano o su simulazioni che rappresentano una descrizione semplificata del sistema di batterie e del processo di decomposizione, o su estrapolazioni sperimentali della durata del ciclo delle celle della batteria. In questo caso, viene determinata la relazione empirica tra l’impedenza misurata di una cella e la capacità della batteria.

Per la modellazione simulativa, è necessario conoscere i processi dettagliati per ogni tipo di cella. Inoltre, l’intero processo di descrizione va ripetuto per il trasferimento a una nuova chimica di cella, il che richiede molto tempo. Ciò vale anche per l’estrapolazione dalle misure, poiché in questo caso è necessario eseguire l’intero lavoro di misurazione per ogni tipo di cella da descrivere e per tutte le condizioni ambientali esistenti (temperatura, profilo di carico, ecc.).

Con il nuovo approccio di sviluppo per determinare la durata di vita, il sistema di batterie viene dotato di una memoria di tutti i processi. Nel nuovo approccio, la vita utile delle celle della batteria viene descritta utilizzando un modello basato su una conoscenza limitata della chimica delle celle. A tal fine, per descrivere le proprietà delle celle si utilizzano modelli matematici di comportamento non lineare con “effetti di memoria” (la cosiddetta serie di Volterra). Questo approccio ha il vantaggio che in qualsiasi momento l’output del sistema dipende dall’input dello stesso, quindi il sistema conserva una memoria di tutti i processi precedenti, essenziale per descrivere il processo di invecchiamento.

Il passo cruciale è quindi quello di misurare l’impedenza dinamica delle celle della batteria durante l’uso, cioè durante la carica o la scarica della cella. È possibile misurare direttamente i parametri matematici che descrivono il comportamento delle celle. Con l’aiuto di questa rappresentazione matematica, è possibile prendere in considerazione anche gli stati non ancora misurati, consentendo la trasferibilità ad altre condizioni ambientali e chimiche delle celle, ovvero ipotizzare la creazione di nuovi tipi di batterie.

Il nuovo metodo offre non solo la possibilità di trasferire con poco sforzo i risultati a tipi di celle completamente diversi (ad esempio, batterie allo stato solido), ma soprattutto il vantaggio che le misurazioni possono essere effettuate direttamente durante l’uso di una batteria, ad esempio in un’auto elettrica. Non sono necessari ulteriori prove di laboratorio o limitazioni d’uso per la determinazione dell’età.

Grazie all’implementazione nel sistema di gestione della batteria, è possibile ottenere tutti i dati necessari per la previsione della vita utile mentre il sistema è in uso. Inoltre, sulla base di questi dati è possibile sviluppare strategie di carica ottimizzate per aumentare la durata complessiva del sistema di batterie. In questo modo si riducono i costi di vita e si aumenta la sostenibilità dell’utilizzo di un sistema di batterie nell’applicazione.