Nuove tecnologie per lo smantellamento delle batterie delle auto – Electrosuisse

La decisione del Parlamento europeo di eliminare gradualmente le auto a combustione interna a partire dal 2035 lo ha stabilito: il futuro dell’industria automobilistica sarà elettrico. Tuttavia, poiché un sistema di batterie ha una durata media di soli dieci anni, la montagna di batterie esauste sta crescendo e con essa il problema dello smaltimento e del riciclaggio dei componenti elettrici.

Un fattore decisivo per poter competere sul mercato è la disponibilità e il costo delle materie prime necessarie per le batterie e i motori elettrici. È quindi ancora più importante non limitarsi a distruggere le batterie esauste che contengono ancora materie prime preziose, come si è fatto finora. Tuttavia, il prerequisito fondamentale per poter riutilizzare i componenti di una batteria è che questi possano essere smontati in base al tipo.

Dalla fine del 2019 dodici partner di ricerca stanno lavorando proprio a questo aspetto. Il progetto «DeMoBat» (Dismantling of Batteries and E-Motors), coordinato dalla Fraunhofer IPA, è dedicato allo sviluppo di nuovi concetti e tecnologie per gestire e processare i componenti elettrici in modo tale da produrre il minor numero possibile di rifiuti e perdere poche materie prime utilizzate.

Progettazione di batterie facili da smontare

Un aspetto importante per lo smontaggio industriale è un design appropriato delle batterie, in modo che possano essere riparate o smontate manualmente o tramite robot. Una difficoltà in questo senso è rappresentata dai numerosi modelli di batterie delle varie marche e modelli di auto, il cui design attuale non consente facilmente il riciclaggio o l’implementazione di strategie alternative che ne permetta la gestione. Uno dei risultati del progetto è una raccomandazione pratica per un design compatibile con il riciclaggio. È stato inoltre costruito un prototipo di batteria facile da smontare e sono stati condotti studi approfonditi.

Capacità e gestione delle batterie

All’inizio, le batterie devono essere testate per verificare la capacità residua e i segni dell’età. In questa fase possono essere incluse anche le analisi della temperatura. Seguono poi i test di manipolazione, ossia la possibilità di aprire le batterie e di rimuovere i componenti. A questo scopo, nell’ambito del progetto di ricerca «DeMoBat», è stato creato un apposito robot dimostrativo . Inoltre, sono stati sviluppati gli strumenti necessari che possono, ad esempio, afferrare gli oggetti e allentare viti o connessioni. Ciò richiede anche una sosfisticata elaborazione delle immagini, che deve essere in grado di riconoscere un gran numero di viti, cavi e così via.

Nel corso del progetto sono state concepite e testate 25 tecnologie, 8 delle quali sono state completamente costruite come strumenti robotici dimostrativi e di prova che potrebbero essere utilizzate per il funzionamento ininterrotto degli impianti. Inoltre, è stato sviluppato un sistema di disassemblaggio flessibile in grado di mappare il disassemblaggio non distruttivo fino al livello delle cellule. La sicurezza rappresenta un fattore importante del sistema di disassemblaggio flessibile, in cui la temperatura viene utilizzata come possibile indicatore di una reazione a catena nel caso in cui una batteria prenda fuoco.

Riutilizzo di materie prime chimiche attraverso un getto d’acqua ad alta pressione

I partner hanno anche puntato a creare un efficiente ciclo a valore aggiunto, inizialmente separando e riciclando meccanicamente i componenti contenuti nel pacco batteria. Il riciclaggio basato sull’utilizzo del getto d’acqua ad alta pressione  è una forma innovativa di recupero diretto della cosiddetta «massa nera». Oltre all’apertura e alla separazione semi-automatica dei componenti delle celle, viene infatti utilizzato un getto d’acqua ad alta pressione per rimuovere il rivestimento degli elettrodi dalle lamine portanti. In questo modo è possibile ottenere riciclati con una bassa impronta di CO2, riducendo in modo significativo le emissioni di gas serra legate alla produzione quando la miscela è elevata.

Per determinare le condizioni delle celle della batteria in modo più preciso ed evitare onerose prove di laboratorio, presso il Fraunhofer IFAM di Brema è stato ulteriormente sviluppato il metodo per determinare la resistenza della corrente alternata all’interno della batteria utilizzando la spettroscopia di impedenza dinamica. In questo modo è possibile effettuare misurazioni durante il funzionamento, che consentono di trarre informazioni sulle prestazioni in tempo reale.

Molti sono i fattori determinanti l’invecchiamento delle celle delle batterie. Oltre all’invecchiamento solare, determinato principalmente dalle temperature di stoccaggio e dallo stato di carica durante l’immagazzinamento, è decisiva la storia di tutti i processi di carica e scarica con i carichi e le temperature che si sono verificati in ciascun caso. I fattori di influenza sono quindi numerosi e variabili per lunghi periodi di tempo, motivo per cui la determinazione precisa dello stato di invecchiamento è complessa ed è risultata finora molto onerosa. Gli approcci esistenti si basano o su simulazioni che rappresentano una descrizione semplificata del sistema di batterie e del processo di decomposizione, o su estrapolazioni sperimentali della durata del ciclo delle celle della batteria. In questo caso, viene determinata la relazione empirica tra l’impedenza misurata di una cella e la capacità della batteria.

Per la modellazione simulativa, è necessario conoscere i processi dettagliati per ogni tipo di cella. Inoltre, l’intero processo di descrizione va ripetuto per il trasferimento a una nuova chimica di cella, il che richiede molto tempo. Ciò vale anche per l’estrapolazione dalle misure, poiché in questo caso è necessario eseguire l’intero lavoro di misurazione per ogni tipo di cella da descrivere e per tutte le condizioni ambientali esistenti (temperatura, profilo di carico, ecc.).

Con il nuovo approccio di sviluppo per determinare la durata di vita, il sistema di batterie viene dotato di una memoria di tutti i processi. Nel nuovo approccio, la vita utile delle celle della batteria viene descritta utilizzando un modello basato su una conoscenza limitata della chimica delle celle. A tal fine, per descrivere le proprietà delle celle si utilizzano modelli matematici di comportamento non lineare con “effetti di memoria” (la cosiddetta serie di Volterra). Questo approccio ha il vantaggio che in qualsiasi momento l’output del sistema dipende dall’input dello stesso, quindi il sistema conserva una memoria di tutti i processi precedenti, essenziale per descrivere il processo di invecchiamento.

Il passo cruciale è quindi quello di misurare l’impedenza dinamica delle celle della batteria durante l’uso, cioè durante la carica o la scarica della cella. È possibile misurare direttamente i parametri matematici che descrivono il comportamento delle celle. Con l’aiuto di questa rappresentazione matematica, è possibile prendere in considerazione anche gli stati non ancora misurati, consentendo la trasferibilità ad altre condizioni ambientali e chimiche delle celle, ovvero ipotizzare la creazione di nuovi tipi di batterie.

Il nuovo metodo offre non solo la possibilità di trasferire con poco sforzo i risultati a tipi di celle completamente diversi (ad esempio, batterie allo stato solido), ma soprattutto il vantaggio che le misurazioni possono essere effettuate direttamente durante l’uso di una batteria, ad esempio in un’auto elettrica. Non sono necessari ulteriori prove di laboratorio o limitazioni d’uso per la determinazione dell’età.

Grazie all’implementazione nel sistema di gestione della batteria, è possibile ottenere tutti i dati necessari per la previsione della vita utile mentre il sistema è in uso. Inoltre, sulla base di questi dati è possibile sviluppare strategie di carica ottimizzate per aumentare la durata complessiva del sistema di batterie. In questo modo si riducono i costi di vita e si aumenta la sostenibilità dell’utilizzo di un sistema di batterie nell’applicazione.

Alcuni ricercatori di Bochum e Saarbrücken hanno individuato in diversi droni prodotti da DJI delle lacune di sicurezza, alcune delle quali gravi, che permettono di cambiare il numero di serie del drone o di disattivare i meccanismi con cui i droni e i loro piloti possono essere localizzati dalle autorità di sicurezza. In alcuni casi, i droni possono persino essere abbattuti a distanza durante il volo.  .

Il team guidato da Nico Schiller dell’Istituto Horst Görtz per la sicurezza informatica dell’Università della Ruhr a Bochum e dal Prof. Dr. Thorsten Holz, del Centro Helmholtz per la sicurezza informatica CISPA di Saarbrücken, ha presentato i risultati al Network and Distributed System Security Symposium (NDSS). La conferenza si è svolta dal 27 febbraio al 3 marzo 2023 a San Diego, negli Stati Uniti.

Prima della pubblicazione dei loro risultati i ricercatori hanno informato DJI delle 16 vulnerabilità di sicurezza individuate; il produttore sta attualmente lavorando per eliminarle.

Quattro modelli testati

Il team ha testato tre droni DJI di diverse categorie e successivamente gli esperti informatici hanno riprodotto i risultati anche per il modello più recente, Mavic 3. Utilizzando la tecnica del fuzzing, hanno alimentato l’hardware e il firmware dei droni con un gran numero di dati casuali verificando quali di questi causavano il crash o producevano modifiche indesiderate nei dati del drone, come ad esempio il numero di serie. Per ottenere questi risultati, hanno dovuto innanzitutto sviluppare un nuovo algoritmo.

Poiché i droni DJI sono dispositivi relativamente complessi, il fuzzing doveva essere effettuato con il sistema in funzione. «Abbiamo collegato un computer portatile a un drone e abbiamo innanzitutto cercato di capire come poter comunicare con quest’ultimo e quali interfacce erano disponibili a tale scopo», spiega Nico Schiller. È emerso che la maggior parte della comunicazione avviene tramite lo stesso protocollo, chiamato DUML, che invia al drone comandi in pacchetti.

Quattro errori gravi

Il fuzzing sviluppato dal gruppo di ricerca ha analizzato i dati che avevano causato il crash del software. Un crash di questo tipo indica un errore nella programmazione. Tutti e quattro i modelli testati presentavano lacune di sicurezza. In totale, i ricercatori hanno documentato 16 vulnerabilità.

I quattro modelli presentavano quattro errori gravi che da un lato permettevano di ottenere diritti di accesso estesi al sistema; «Un hacker che intende assumere il controllo del drone può modificarne i dati di registro o il numero di serie e camuffare la propria identità», spiega Thorsten Holz. «Inoltre, DJI adotta sofisticate misure di precauzione per evitare che i droni volino sopra gli aeroporti o altre aree sensibili, come quelle delle prigioni, ma anche questi meccanismi potrebbero essere aggirati». Il gruppo di ricercatori è stato inoltre in grado di far precipitare dei droni mentre erano in volo.

Il prossimo obiettivo del team di Bochum-Saarbrücken è quello di testare la sicurezza di altri modelli.

I dati sulla posizione vengono trasmessi in chiaro

I ricercatori hanno anche preso in esame il protocollo utilizzato dai droni DJI per trasmettere la posizione del drone e del suo pilota in modo da consentirne l’accesso alle autorità della sicurezza . Meidiante l’ingegneria inversa del firmware DJI e dei segnali radio emessi dai droni, il team di ricerca è riuscito a documentare per la prima volta il protocollo di tracciamento chiamato DroneID. «Siamo riusciti a dimostrare che i dati trasmessi non sono criptati, ma che la posizione del pilota e del drone può essere letta praticamente da chiunque con mezzi relativamente semplici», riassume Nico Schiller.

Immagine: RUB, Marquard.
Nico Schiller si è già occupato della sicurezza dei droni con la sua tesi di master presso l’Università di Bochum. Attualmente sta svolgendo un dottorato di ricerca su questo tema.

Una nuova analisi presentata da Geotab prende in esame l’impatto della velocità e della temperatura sull’autonomia dei veicoli elettrici mostrando come l’autonomia possa essere aumentata modificando il comportamento di guida.

L’analisi interattiva utilizza dati aggregati e anonimizzati raccolti sulla base di 3 milioni di viaggi effettuati con veicoli elettrici e 550.000 ore di guida per comprendere meglio l’impatto relativo di temperatura e velocità sull’autonomia. L’analisi ha rilevato che la velocità del veicolo condiziona la temperatura: quest’ultima, a bassa velocità,  ha un forte impatto sull’autonomia, mentre a velocità più elevate è molto meno rilevante. Anche le dimensioni e la forma del veicolo influenzano le condizioni ottimali per massimizzare l’autonomia dei veicoli elettrici. Questi risultati dimostrano che le strategie per ottimizzarne l’autonomia devono tenere conto del contesto del viaggio specifico previsto. Per un viaggio in autostrada, la strategia migliore per preservare l’autonomia è evitare velocità eccessive, soprattutto per i veicoli più grandi. Sui percorsi più lenti, le variazioni stagionali dell’autonomia sono maggiori, quindi i risultati migliori si ottengono quando si attenuano gli effetti della temperatura.

L’elettrificazione è una componente importante per ridurre le emissioni di CO2 dei parchi veicoli. Per aiutare le aziende a introdurre i veicoli elettrici nelle loro flotte, Geotab fornisce dati che consentono di prendere decisioni informate. L’analisi, basata su dati reali, è stata realizzata per aiutare gli utenti a conoscere i fattori che influenzano l’autonomia dei veicoli elettrici e a creare consapevolezza sulle strategie per ottimizzarli.

L’Istituto di Tecnologia di Karlsruhe e ITK Engineering hanno sviluppato un sensore che, tramite un’impronta digitale magnetica, è in grado di determinare con precisione la posizione dei treni. Tale sistema potrebbe aumentare in modo significativo la capacità della rete ferroviaria esistente.

Determinando la posizione di un treno sul binario in modo più preciso e affidabile, i treni possono passare su una sezione di binario in intervalli di tempo più brevi, il che significa che la capacità per chilometro di binario aumenta. Il funzionamento del nuovo Sensore Magnetico di Bordo Ferroviario (Maros) è semplice: un binario ferroviario metallico ha anche una sorta di impronta digitale, che ha un profilo molto individuale in ogni punto. Il Maros è in grado di riconoscere con precisione questa impronta digitale. In questo modo, i treni possono essere localizzati in tutto il mondo con precisione e continuità.

A tal fine, il sensore, installato nella parte inferiore del veicolo, genera un campo elettromagnetico che viene influenzato da materiali ferromagnetici, come le rotaie o il materiale di fissaggio delle stesse. Il sensore misura la variazione del campo elettromagnetico. In questo modo, è possibile assegnare un’impronta digitale elettromagnetica a ciascuna sezione di binario. Per poter attribuire questi segnali a una posizione geografica, è necessario un software di backend che includa algoritmi intelligenti. Ad esempio, ogni linea ferroviaria deve essere percorsa e misurata almeno una volta prima che i dati possano essere sovrapposti al materiale cartografico del percorso del treno. In questo modo è possibile localizzare con precisione ogni treno successivo.

Le soluzioni utilizzate oggi in tutto il mondo per determinare la posizione dei treni presentano tutte delle problematiche che il sensore Maros consente di aggirare: le balise, i dispositivi fissati fra i binari che trasmettono infomazioni  al treno  sono affidabili ma costose. I sistemi di telecamere hanno lo svantaggio di non essere del tutto affidabili di notte o in caso di neve. La ricezione dei segnali GPS è scarsa o inesistente nelle gallerie, nelle valli montane o nei canyon urbani. Inoltre, non sono in grado di identificare in modo affidabile quale dei diversi binari adiacenti viene utilizzato. Tuttavia, l’esattezza di questa localizzazione è assolutamente necessaria per le operazioni ferroviarie e può essere ottenuta con Maros. La localizzazione è quindi più precisa che mai, più economica rispetto ad altre tecnologie e può essere utilizzata su tutte le rotaie in acciaio del mondo.

I ricercatori hanno potuto dimostrare che il nuovo sensore, probabilmente disponibile sul mercato a partire dal 2025, funziona su tratte della ferrovia occidentale e settentrionale nelle vicinanze di Vienna.

La roadmap dell’elettromobilità sta entrando in una nuova fase. Alti rappresentanti dei settori automobilistico, elettrico immobiliare e delle flotte di veicoli, nonché la Confederazione, i cantoni, le città e i comuni hanno esteso la tabella di marcia al 2025. Per la nuova fase sono stati definiti tre nuovi obiettivi.

Entro la fine del 2025, la quota di veicoli plug-in (auto elettriche pure e ibride plug-in) tra le nuove immatricolazioni dovrebbe raggiungere il 50%. Nel primo trimestre del 2022, tale quota aveva già raggiunto il 25,5%. Entro la fine del 2025 dovrebbero essere disponibili 20.000 stazioni di ricarica pubbliche. All’inizio del 2022, in Svizzera se ne contavano circa 7150. Infine, è stato definito anche l’obiettivo qualitativo «Ricarica a misura di utente e al servizio della rete a domicilio, presso la sede di lavoro e in viaggio». Per raggiungere questi tre obiettivi, gli attori della roadmap si impegnano ad adottare misure volontarie nei propri rispettivi campi d’azione.

La richiesta di nuove misure ha avuto una risposta attiva. 59 organizzazioni stanno dando forma alla roadmap 2025 con 75 misure, di cui 44 nuove e 31 adattate o ampliate. Uno dei cardini di questa nuova tappa sono le misure comuni tra gli attori per affrontare sfide particolarmente rilevanti: la ricarica negli edifici con più unità abitative, la ricarica nel quartiere e l’economia circolare delle batterie di trazione (riutilizzo come batterie di seconda vita e riciclaggio).

La roadmap dell’elettromobilità è aperta anche ad altre organizzazioni e aziende che vogliano contribuire al raggiungimento degli obiettivi.

Circa 150 anni dopo l’inaugurazione della prima ferrovia di montagna a cremagliera d’Europa che collega Vitznau, sul Lago dei Quattro Cantoni, a Rigi Staffelhöhe, la flotta della Rigi Bahnen AG viene rinnovata con moderni convogli.

L’8 aprile 2022, dopo una fase di test e collaudo conclusasi con successo, la Rigi Bahnen AG ha messo in servizio, secondo il piano prestabilito, tre delle sei nuove composizioni di treni. La seconda tranche seguirà entro giugno 2022. La nuova flotta è dotata di tecnologia di azionamento ad alta efficienza energetica di ABB e contribuisce a rendere più sostenibili le operazioni ferroviarie. Durante la discesa, due terzi dell’energia necessaria per la salita vengono reimmessi nella rete.

I convertitori di trazione ad alta efficienza energetica di ABB consentono ai nuovi treni di Stadler di reimmettere in rete l’energia di frenata in discesa e di renderla disponibile per i treni in salita. Durante la frenata, i motori agiscono come generatori, convertendo l’energia cinetica in elettricità che ritorna alla linea aerea attraverso i convertitori di trazione, invece di convertire l’energia di frenata in calore residuo. La discesa è garantita anche in caso di interruzione della linea aerea, grazie alla conversione dell’energia di frenata in energia elettrica per l’alimentazione di emergenza del veicolo. Come sistema di riserva si possono utilizzare anche le resistenze di frenatura.

Il solido convertitore di trazione appositamente ideato, con caricabatterie e alimentazione integrata a bordo , è collocato in un alloggiamento che ne garantisce un accesso agevole per la manutenzione. Sul tetto di ogni unità multipla sono installati due convertitori di trazione che convertono l’energia elettrica proveniente dalla linea aerea nella tensione e nella frequenza necessarie per azionare i motori di trazione. Inoltre, forniscono l’energia elettrica necessaria per le utenze ausiliarie, come il riscaldamento, l’illuminazione e i sistemi di informazione dei passeggeri a bordo.

La funzione rompighiaccio garantisce il buon funzionamento del servizio anche quando le linee aeree sono ghiacciate. Il convertitore di trazione utilizza un software sofisticato che rileva la presenza di ghiaccio sulle linee aeree e genera impulsi di tensione elettrica in modo da romperlo e garantire il flusso di corrente.