Le installazioni conformi alla messa al neutro secondo lo schema III costituiscono un notevole rischio per la sicurezza e da tempo non rappresentano più lo stato della tecnica. In collaborazione con EIT.swiss e VSEK, Electrosuisse ha realizzato un opuscolo informativo compatto per aiutare il personale del settore elettrico a fornire ai proprietari di case informazioni concrete sulla necessità di un risanamento.

L’opuscolo fornisce una panoramica pratica dei modelli di guasto tipici e spiega quando è richiesto il risanamento dal punto di vista tecnico e giuridico.

Perché la messa al neutro secondo lo schema III è problematica?
Questo storico metodo di installazione assegna la funzione di conduttore di protezione al conduttore neutro, precedentemente conduttore a tensione zero. Anche un solo guasto, ad esempio un conduttore neutro interrotto, un cablaggio invertito o un ponticello mancante tra i conduttori N e PE, può causare la messa in tensione degli involucri. La disinserzione automatica in caso di guasto non è sempre garantita. Inoltre, è tecnicamente quasi impossibile installare a posteriori gli RCD. Il rischio di scosse elettriche, incendi e danni alle cose è notevole.

Contesto legale
Il proprietario dell’impianto è responsabile della sicurezza dell’impianto elettrico. Secondo l’Ordinanza sugli impianti a bassa tensione (OIBT, RS 734.27) e l’Ordinanza sulle correnti forti (RS 734.2), le installazioni elettriche devono essere conformi alle regole riconosciute della tecnica e non devono costituire un pericolo. Se le installazioni conformi alla messa al neutro secondo lo schema III non soddisfano più questi requisiti a causa dell’invecchiamento e della manipolazione, non è più garantita alcuna protezione per gli impianti esistenti. Inoltre, nel 2018 l’intervallo di ispezione degli impianti interessati è stato ridotto a cinque anni, aumentando ulteriormente l’obbligo di intervento. In molti casi non vengono più rilasciati i rapporti di sicurezza. La direttiva ESTI n. 225 specifica i requisiti legali e chiarisce che: il risanamento delle installazioni con messa al neutro secondo lo schema III è imprescindibile.

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L’opuscolo è già disponibile in formato digitale

Ordinazione di copie cartacee:
Il pieghevole può essere richiesto tramite e-mail all’indirizzo weiterbildung@electrosuisse.ch.

La quantità massima ordinabile per ogni cliente è di 50 copie.

Le batterie agli ioni di litio (LIB) sono essenziali per la nostra tecnologia moderna, ma il loro smaltimento pone delle sfide. Un passo importante verso l’uso sostenibile di queste batterie è il riciclo della grafite, un componente chiave. I ricercatori dell’Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf (HZDR) hanno sviluppato un metodo di lavorazione della grafite delle batterie usate che ne consente il riutilizzo senza alcuna perdita di prestazioni.

Le batterie agli ioni di litio sono presenti in quasi tutti gli apparecchi elettrici e sono fondamentali per la mobilità elettrica. Con il passare del tempo, le loro prestazioni si degradano, il che aumenta la necessità di riciclare le materie prime che contengono. Oltre al litio, queste batterie contengono metalli come rame, nichel, cobalto e alluminio, nonché grafite. Quest’ultima è un componente importante dell’anodo, che rappresenta il 15-25% del peso della batteria ed è applicato a un foglio di rame. La purezza della grafite ha un impatto significativo sulle prestazioni della batteria.

Tradizionalmente, la grafite viene prodotta in modo sintetico, ad alta intensità energetica e con un’elevata impronta ambientale. Poiché la maggior parte della grafite anodica proviene dalla Cina, il riciclaggio è fondamentale per recuperare le materie prime e ridurre la dipendenza dalle importazioni. Ogni anno, in Europa vengono riciclate circa 100 chilotonnellate di batterie usate.

Durante il riciclaggio, la grafite viene recuperata dalle batterie frantumate. Il processo, noto come froth flotation, sfrutta le proprietà idrorepellenti della grafite per separarla da altri materiali. L’azienda australiana EcoGraf ha sviluppato un metodo ecologico che non utilizza l’acido fluoridrico, altamente tossico.

I ricercatori degli Istituti Helmholtz di Ulm e Freiberg hanno testato la grafite riciclata per verificarne la purezza e la riutilizzabilità. I test hanno dimostrato che le prestazioni elettrochimiche della grafite riciclata sono paragonabili a quelle della grafite anodica nuova. La grafite riciclata mantiene una notevole capacità di immagazzinamento di oltre 350 mAh/g e mostra un’elevata stabilità di ciclo con una conservazione della capacità dell’80% dopo 1000 cicli di carica.

Questi risultati rappresentano un passo significativo verso il rispetto del regolamento europeo sulle batterie e del Green Deal. Il riciclo della grafite contribuisce in modo significativo all’economia circolare, riducendo la dipendenza dalle materie prime primarie e minimizzando l’impatto ambientale.

Ulteriori informazioni su:
https://idw-online.de/de/news831443

Le celle solari tandem che combinano due diversi semiconduttori di perovskite promettono un elevato grado di efficienza e possono essere prodotte con un apporto energetico minimo. Insieme a partner dell’industria e della ricerca, il Prof. Dr. Steve Albrecht dell’HZB sta lavorando alla realizzazione di questo progetto.

Recentemente il suo team è riuscito a produrre una cella solare tandem monolitica usando solo perovskite con un’efficienza certificata del 27,2%. Nella seguente intervista il Prof. Dr. Steve Albrecht illustra le opportunità e le sfide che le tecnologie basate sull’uso della sola perovskite comportano.

Assieme al suo team, ha già ottenuto a livello mondiale diversi record di efficienza con l’impiego delle celle solari tandem. Perché queste sono un argomento di ricerca così interessante?
Steve Albrecht: Già oggi il fotovoltaico è uno dei metodi più economici per produrre elettricità in modo sostenibile. La maggior parte dei moduli solari è basata sul silicio e raggiunge un’efficienza del 21% circa. Tuttavia, questa tecnologia sta già raggiungendo i suoi limiti fisici e, nel migliore dei casi, sono possibili solo piccoli miglioramenti. La situazione è completamente diversa nel caso delle celle solari tandem in perovskite: la prima pubblicazione in merito è apparsa nel 2015 e da allora abbiamo assistito a un rapido sviluppo verso efficienze significativamente superiori a quelle offerte dal silicio.

In che modo una cella solare tandem può convertire una percentuale maggiore di luce solare in energia elettrica?
Una cella solare tandem è solitamente costituita da due semiconduttori con diverse ampiezze di banda. Il semiconduttore con un’ampiezza di banda inferiore ha pù possibilità di convertire la luce rossa in energia elettrica, mentre il semiconduttore con un’ampiezza di banda converte più facilmente la luce blu del sole, il che aumenta notevolmente l’efficienza. Prevediamo in futuro di impilare l’uno sull’altro non solo due o tre, ma molti strati di semiconduttori diversi per ottenere gradi di efficienza più elevati.

Qual è la particolarità di una cella solare tandem composta da due diversi strati di perovskite?
I materiali semiconduttori ibridi organici-inorganici della famiglia delle perovskiti hanno proprietà interessanti: la loro ampiezza di banda può essere facilmente modificata, in particolare attraverso cambiamenti nella composizione chimica. Combiniamo della perovskite ad ampiezza di banda ridotta con un secondo materiale con ampiezza di banda maggiore. A tal fine, ad esempio, sostituiamo talvolta il piombo con lo stagno riducendo l’ampiezza di banda a circa 1,25 eV. A questo materiale viene poi abbinato uno strato assorbente di perovskite con un’ampiezza di banda particolarmente larga di circa 1,8 eV, che a sua volta contiene molto bromo. Tuttavia, le varie perovskiti hanno anche eccellenti proprietà ottiche ed elettriche che consentono di raggiungere gradi di efficienza elevati. In termini puramente teorici, sarebbero possibili anche efficienze tandem ben superiori al 40%.

Perché i materiali in perovskite risultano così versatili?
Non solo le proprietà dei semiconduttori in perovskite ne consentono un ampio uso, rispondente a  vari requisiti, ma sono anche già stati realizzati diversi processi di produzione economici e su vasta scala. In questo modo è possibile produrre celle fotovoltaiche di qualsiasi forma o moduli solari su substrati flessibili. Non vi sono praticamente limiti all’immaginazione. Inoltre, la produzione di moduli fotovoltaici tandem in perovskite pura necessità di pochissima energia. Tali moduli hanno quindi già di per sé un’impronta CO2 inferiore rispetto, ad esempio, ai moduli solari a base di silicio, attualmente disponibili sul mercato.

Quali sono stati gli esordi del lavoro sulle celle solari tandem in sola perovskite?
Il segnale di partenza è stato il progetto HIPSTER, finanziato dalla Deutschen Forschungsgemeinschaft (DFG), e il cui nome si adatta perfettamente al nostro giovane team qui a Berlino; l’abbiamo creato prendendo spunto dalle lettere che compongono la denominazione di questo progetto di ricerca. Già nella prima fase di HIPSTER abbiamo potuto dimostrare di essere in grado di sviluppare celle solari tandem altamente efficienti. Anche in questo caso abbiamo utilizzato i monostrati auto-assemblati (i cosiddetti SAM) da noi sviluppati, che hanno permesso di ottenere elevate efficienze. Nella seconda fase del progetto, intendiamo migliorare ulteriormente la stabilità delle celle solari tandem in sola perovskite. A tal fine, dobbiamo individuare in punti in cui si verificano le perdite elettriche, ad esempio sulle interfacce e sui materiali di contatto all’interno dell’intero stack tandem. Al termine di questo progetto di ricerca di base, vorremmo aumentare significativamente la stabilità delle celle solari tandem in sola perovskite, comprendendo meglio i processi di degradazione. Ci aspettiamo che queste celle tandem raggiungano valori di efficienza simili a quelli delle celle tandem in silicio e perovskite.

Lei e il suo team siete anche coinvolti in un progetto dell’UE sulle celle tandem in sola perovskite. Di cosa si tratta?
Stiamo pensando un po’ più in grande e stiamo collaborando con partner europei del panorama scientifico e industriale. Nell’ambito del progetto SuPerTandem vogliamo sviluppare una tecnologia fotovoltaica a basso costo e a bassa impronta di CO2 insieme a partner di otto Paesi. Le celle tandem in sola perovskite, che possono essere prodotte su substrati flessibili con processi di stampa, sono perfettamente adatte a questo scopo. In particolare, vogliamo contribuire allo sviluppo di un modulo tandem di perovskite su 10×10 cm2 con un’efficienza superiore al 30%.

Finora le celle solari di perovskite sono ancora considerate piuttosto fragili. Per quanto tempo funzioneranno e che cosa dovrebbe accadere a questi moduli quando avranno raggiunto la fine della loro vita utile?
La stabilità a lungo termine è già molto migliorata. Puntiamo a una stabilità pari a quella dei moduli al silicio già affermati. Diversi partner del progetto stanno anche lavorando su concetti di riciclaggio. L’obiettivo è un’economia di riciclaggio a ciclo chiuso per i moduli tandem in sola perovskite.

Qual è la qualità delle celle solari tandem in sola perovskite?
L’efficienza più alta finora registrata per le celle solari tandem costituite esclusivamente da perovskiti è del 28,0%. Tuttavia, non sono ancora stati pubblicati dettagli scientifici in merito. Di recente siamo riusciti a raggiungere un’efficienza certificata del 27,2% con una cella solare tandem in sola perovskite sviluppata interamente all’HZB e prodotta dal postdoc Dr. Fengjiu Yang. Questo valore è molto vicino al miglior punteggio e abbiamo già idee per ulteriori miglioramenti. Riteniamo che, con questa tecnologia e grazie ad altreottimizzazioni, sia realistico raggiungere un’efficienza del 33%.

Nel 2021 il consumo finale di energia della Svizzera è aumentato del 6,3% rispetto all’anno precedente, raggiungendo 794.720 TJ. La popolazione ha usato più spesso il riscaldamento, l’auto e preso più di frequente l’aereo.

L’aumento del 6,3% del consumo finale di energia è dovuto principalmente a due fattori. In primo luogo, le restrizioni allentate per combattere la pandemia da Covid-19 hanno causato un aumento generale del consumo di energia. In secondo luogo, il clima significativamente più freddo rispetto all’anno precedente ha contribuito ad aumentare il consumo di fonti energetiche utilizzate per il riscaldamento.

Il numero di giorni in cui è stato usato il riscaldamento è aumentato del 15,3%. Si è registrato anche un leggero incremento dei fattori che determinano il trend di crescita a lungo termine dei consumi energetici: crescita della popolazione, PIL, crescita del parco immobiliare e del parco veicoli. L’aumento dell’efficienza e le sostituzioni, invece, hanno un effetto frenante sulla crescita dei consumi energetici.

Leggero aumento del consumo di carburante

Nel 2021 gli effetti della pandemia da Covid-19 sono risultati ancora particolarmente evidenti per quanto riguarda il consumo di carburante. Le vendite di carburante per aerei sono aumentate dell’11% rispetto all’anno precedente, ma ammontano ancora a meno della metà dei consumi del 2019. Il consumo di benzina e diesel è aumentato complessivamente dell’1,6%. I combustibili fossili rappresentano circa un terzo (29,3%) del consumo finale totale di energia. Come nell’anno precedente, il consumo di combustibili biogeni è diminuito rispetto all’anno precedente (-9,5%).

Aumento del consumo di fonti energetiche per il riscaldamento

Il freddo ha portato a un aumento significativo del consumo di fonti energetiche per il riscaldamento. Il consumo di gasolio da riscaldamento extra-light è aumentato del 10,9% e quello di gas naturale dell’8,3% rispetto all’anno precedente. Anche il consumo di energia elettrica è aumentato (+4,3%). Queste tre fonti energetiche rappresentano più della metà del consumo finale di energia (55,3%).

L’impiego energetico dei rifiuti industriali è aumentato del 3,6% (quota del consumo finale di energia: 1,5%). Anche il consumo di carbone è leggermente aumentato (+1,1%). Per contro, non si è registrato alcun consumo di olio combustibile pesante e quello di coke di petrolio è diminuito del 14,3%. La quota di queste tre fonti energetiche sul consumo finale totale di energia è molto bassa (<1%).

Aumento dei consumi anche per le energie rinnovabili

Il freddo ha influito anche su tutte le fonti di energia rinnovabile per il riscaldamento. Il consumo di legna e di teleriscaldamento è aumentato rispettivamente del 16,4% e del 9,7%. Si è registrato anche un forte aumento dell’utilizzo del calore ambientale con le pompe di calore (+17,7%). Il consumo di calore solare è rimasto al livello dell’anno precedente. La quota di queste fonti energetiche sul consumo finale totale di energia è stata dell’11,8%.

Dopo 14 anni di lavoro con intense fasi di test, la centrale di pompaggio di Nant de Drance, nel Vallese, è entrata in funzione il 1° luglio 2022. Con i suoi 6 gruppi di macchine estremamente flessibili e una capacità di 900 MW, Nant de Drance svolge un ruolo essenziale nella stabilizzazione della rete elettrica in Svizzera e in Europa. Contribuisce alla sicurezza dell’approvvigionamento elettrico in Svizzera.

La centrale è situata a 600 metri di profondità, in una caverna tra i bacini di Emosson e Vieux Emosson nel comune di Finhaut, nel Vallese, e dispone di 6 turbine a pompa con una capacità di 150 MW ciascuna. Grazie alla loro flessibilità, i gruppi di macchine possono passare dal funzionamento del pompaggio a piena potenza al funzionamento della turbina a piena potenza in meno di 5 minuti, cioè da -900 MW a +900 MW. Il volume d’acqua turbinata da Nant de Drance è di 360 m3/s, ovvero circa la portata del Rodano a Ginevra in estate. Il solo lago superiore del Vieux Emosson immagazzina 25 milioni di m3 d’acqua, che corrispondono a una capacità di stoccaggio di 20 milioni di kWh. Grazie a queste proprietà, la centrale di Nant de Drance svolge un ruolo fondamentale nella stabilizzazione della rete elettrica.

Dato l’aumento delle energie rinnovabili, come l’eolico e il fotovoltaico con una produzione irregolare, tale flessibilità è necessaria per compensare le fluttuazioni della rete elettrica e mantenere un equilibrio tra produzione e consumo di elettricità in ogni momento. La centrale di Nant de Drance agisce come una gigantesca batteria che immagazzina anche l’elettricità in eccesso dalla rete con breve preavviso o produce l’energia necessaria quando la domanda è superiore alla produzione.

Uno stabilimento che combina tecnologie all’avanguardia con conoscenze frutto di lunghi anni d’esperienza

La costruzione della centrale di pompaggio di Nant de Drance ha rappresentato uno sforzo straordinario. Come le grandi dighe della metà del secolo scorso, questo cantiere ha richiesto l’attivazione coordinata di straordinarie risorse umane, finanziarie e tecniche. La costruzione della centrale costata circa 2 miliardi di franchi svizzeri , durante la fase più intensa di realizzazione, ha richiesto l’impiego di 650 operai e circa 60 imprese. Per la costruzione della caverna sotterranea con una lunghezza di 194 m, un’altezza di 52 m e una larghezza di 32 m, è stato necessario rimuovere 400.000 m3 di roccia e realizzare gallerie per una lunghezza di 17 km. La diga di Vieux Emosson, a 2200 metri, è stata innalzata di 21,5 metri per raddoppiare la capacità del bacino e fornire un’adeguata capacità di stoccaggio per l’impianto.

Un impatto ambientale equilibrato

Per ridurre al minimo l’impatto ambientale, la centrale di Nant de Drance ha lavorato a stretto contatto con le organizzazioni ambientaliste fin dall’inizio dei lavori. Sono stati realizzati 14 progetti per un costo totale di 22 milioni di franchi svizzeri. La maggior parte delle misure mira al ripristino ecologico di alcuni biotopi a livello regionale, in particolare i biotopi delle zone umide. L’obiettivo è quello di ricolonizzare questi luoghi con specie animali e vegetali rare in Svizzera o a rischio di estinzione.

Il pubblico è invitato a visitare la centrale durante le giornate di apertura, il 10 e 11 settembre 2022.

Ulteriori informazioni sulla centrale di Nant de Drance, sono disponibili sul sito www.nant-de-drance.ch.

Nel Canton Vallese, a un’altitudine compresa tra i 2.000 e i 2.200 metri sul livello del mare, verrà costruito il più grande impianto fotovoltaico d’alta quota della Svizzera: Gondosolar.

I promotori del progetto prevedono di installare 4500 moduli fotovoltaici bifacciali su un’area di circa 100.000 m² sopra Gondo. Ogni pannello solare è composto da 8 moduli fotovoltaici. L’investimento ammonta a circa 42 milioni di franchi svizzeri.

Gondosolar fornisce una quantità di elettricità invernale nettamente superiore a quella di un impianto di pianura

Con una capacità installata totale di 18 MW, Gondosolar produrrà circa 23,3 GWh di elettricità coprendo la domanda media annuale di almeno 5200 famiglie. Grazie all’altitudine, l’impianto previsto produrrà circa il doppio dell’elettricità per metro quadro rispetto a un impianto analogo nell’Altopiano centrale. Inoltre, la quota invernale è del 55% e in inverno Gondosolar produrrà un quantitativo di elettricità quattro volte superiore per area rispetto a un impianto fotovoltaico in pianura. Gondosolar dovrebbe quindi fornire un importante contributo agli obiettivi di espansione della produzione di energia elettrica da fonte solare, fissati dalla Confederazione e dal Canton Vallese.

Non appena la procedura di approvazione sarà completata e la Confederazione avrà approvato i finanziamenti, il progetto Gondosolar potrà essere attuato e l’impianto messo in funzione entro tre anni. L’idea del progetto è sostenuta in linea di principio dal Cantone Vallese. Il passo successivo è la richiesta di inserimento del progetto nel piano strutturale cantonale.

Progetto congiunto con sponsor locale

Il progetto congiunto è sostenuto dal comune di Gondo-Zwischbergen, dalla centrale elettrica locale e dall’operatore di rete Energie Electrique du Simplon (EES) e dall’iniziatore del progetto Renato Jordan, che possiede l’appezzamento di terreno nel sito di Alpjerung, sopra il paese di confine con l’Italia.

La sponsorizzazione è sostenuta da diversi partner del settore e della scienza, in particolare da Alpiq e dall’Università di Scienze Applicate di Zurigo (ZHAW). Alpiq è il principale azionista di EES ed è alla guida del progetto Gondosolar. Il professor Jürg Rohrer della ZHAW ha una vasta esperienza nel campo dei sistemi fotovoltaici in alta montagna ed è co-iniziatore e gestore di un impianto pilota alpino a Davos. Inoltre, sono coinvolte nella pianificazione del progetto le aziende esperte dell’Alto Vallese Winsun, Stahleinbau, Roccaval, Pronat e Geoformer.

Gli impianti fotovoltaici bifacciali sono costituiti da moduli fotovoltaici attivi su entrambi i lati e sono particolarmente efficienti in un ambiente alpino. Inoltre, la radiazione solare alle altitudini più elevate è nettamente più intensa rispetto a quella dell’Altopiano centrale e la copertura nuvolosa è relativamente bassa. La  luce solare riflessa della neve aumenta la produzione e anche le condizioni operative dovute alle basse temperature sono vantaggiose. Questi fattori fanno sì che gli impianti solari in alta montagna producano quasi il doppio di energia e che anche in inverno la produzione sia significativamente più elevata rispetto a quella degli impianti fotovoltaici dell’Altopiano centrale. Questo dato è particolarmente importante in vista dei mesi invernali, sempre più critici per l’approvvigionamento.

Possibile progetto faro per una svolta in ambito energetico

Il sito Alpjerung sopra Gondo è ideale per l’utilizzo dell’energia solare. Non tocca alcuna area protetta e non è considerato critico dagli esperti in termini di pericoli naturali. L’impatto su ambiente, biodiversità e paesaggio è relativamente basso. L’impianto fotovoltaico a terra previsto non è visibile da nessuna area abitata. L’elettricità sarà trasportata attraverso un cavo sotterraneo e la vicina rete di media tensione, fino a raggiungere la sottostazione di Gabi. La costruzione sarà realizzata con l’aiuto di una teleferica temporanea, dalla strada nazionale a Gondo. Pertanto, non sono necessari né nuovi elettrodotti né nuove strade.

Uno studio di fattibilità completo conclude che il progetto non solo è fattibile dal punto di vista ecologico e tecnico, ma anche economico, a condizione che il Parlamento federale approvi il modello di sovvenzione e che Gondosolar riceva il finanziamento massimo previsto del 60%.

L’aumento delle pompe di calore in uso negli edifici e un maggior numero di auto elettriche sulle strade porteranno in futuro a un incremento del consumo di elettricità. Per soddisfare questa crescente domanda, la Svizzera importa energia elettrica, che però spesso ha una forte impronta di CO2 perché proveniente da centrali a gas o a carbone.

In un nuovo studio, i ricercatori dell’Empa e dell’Università di Ginevra ipotizzano diversi scenari per mostrare come la Svizzera possa ridurre queste importazioni di elettricità attraverso un maggior utilizzo diversificato delle energie rinnovabili.

Il punto di partenza della strategia climatica a lungo termine della Svizzera è raggiungere lo zero netto di emissioni entro il 2050, come stabilito dal Consiglio federale nell’agosto del 2019. Molte strategie in questa direzione includono la sostituzione dei combustibili fossili con l’elettricità – nella mobilità sotto forma di veicoli elettrici e nel settore edilizio sotto forma di pompe di calore. In Svizzera, oggi la maggior parte dell’elettricità richiesta proviene da centrali nucleari e idroelettriche, ossia tecnologie a bassa impronta di carbonio. Ma se guardiamo all’Europa nel suo complesso, la situazione appare diversa: secondo le stime, le centrali elettriche a combustibili fossili per la produzione di energia elettrica sono responsabili di circa il 25% delle emissioni totali di gas serra in Europa.

La Svizzera dipende già dalle importazioni di elettricità dai Paesi vicini. La quota di elettricità importata è pari a circa l’11%. Quindi, se vogliamo mantenere basso l’impatto di CO2 del mix elettrico svizzero, dobbiamo esaminare più da vicino queste importazioni. In un nuovo studio, le importazioni di elettricità sono state analizzate su base oraria e allo stesso tempo sono state incluse le emissioni di CO2, dirette e indirette, della produzione di elettricità. Mentre l’elettricità prodotta a livello nazionale produce circa 40 g di CO2 equivalenti per chilowattora, la media dell’intero mix elettrico svizzero – incluse le importazioni – è di circa 108 g.

Sostituire l’energia nucleare

A causa della crescente elettrificazione, i ricercatori prevedono una domanda aggiuntiva di elettricità di circa 12 TWh all’anno. Si tratta di un buon 20% in più di quanto già consumiamo oggi. Poiché il Consiglio federale prevede di eliminare gradualmente l’energia nucleare, la Svizzera dovrà sostituirla con l’impiego di energie rinnovabili che non si producono in modo uniforme e quindi influenzano considerevolmente sulla quantità e sulla tempistica delle importazioni di elettricità.

In questo contesto, i ricercatori hanno sviluppato diversi scenari e analizzato come in futuro dovrebbe essere composto il mix elettrico svizzero, in modo da ridurre al minimo le importazioni e quindi le emissioni di gas serra legate all’elettricità. Lo studio mostra che la quota di elettricità importata aumenterà in ogni caso e quindi anche le emissioni di CO2. Nonostante questo aumento di emissioni dovute all’importazione di energia, la crescente elettrificazione del calore e della mobilità porterà tuttavia a una riduzione del 45% delle emissioni di gas serra nell’intero sistema energetico svizzero.

L’energia eolica contro il gap elettrico invernale e le tecnologie «Power to X»

In inverno, la Svizzera continuerà a dipendere maggiormente dalle importazioni di energia elettrica a causa dei minori rendimenti del fotovoltaico. Lo scenario che ha ottenuto il miglior punteggio nello studio in termini di riduzione delle emissioni prevede quindi non solo un’espansione dell’energia solare a 25 TWh (dagli attuali 2,7 TWh), ma anche un’ampia quota di energia eolica di circa 12 TWh (dagli attuali 0,1 TWh).

Tutti gli scenari ipotizzati prevedono grandi eccedenze di elettricità in estate con la forte espansione  del fotovoltaico. I ricercatori ritengono che   queste eccedenze in inverno si possano trasferire nelle tecnologie “Power to X” che consentono di convertire l’eccedenza di elettricità in vettori energetici chimici immagazzinabili, come l’idrogeno o il metano sintetico nonché in sistemi di stoccaggio termico, come i campi di sonde geotermiche.

Il primo giorno dell’esposizione, l’AES prenderà il via con un aggiornamento sulle condizioni del quadro politico e normativo e sulle possibili risposte alle sfide. Electrosuisse seguirà la seconda mattina del forum con approcci a soluzioni tecniche ed economiche per padroneggiare la trasformazione del sistema che è attualmente richiesta. Siamo anche sicuri che la visita all’esposizione ad alta intensità energetica della seconda sera potrà trovare la sua compensazione energetica nell’Electrosuisse Powerparty.

Ma a quali contenuti sarà interessata l’industria nel 2022? L’elettricità come fonte di energia centrale altamente flessibile rimarrà chiaramente al centro dell’attenzione. Le dinamiche crescenti dovute all’iniezione di energie rinnovabili e ai paesaggi di consumo flessibile cercano modelli di mercato orientati al sistema, l’equilibrio con le altre fonti di energia (accoppiamento settoriale, idrogeno, ecc.), la padronanza dell’elettrificazione della nostra mobilità e le opportunità e i rischi sempre maggiori legati all’avanzamento della digitalizzazione. La mostra fornirà una presentazione completa di soluzioni e idee in questo settore e permetterà un rapido apprendimento. Tra gli altri, saranno presenti anche esperti di cybersecurity del settore energetico. Per chi vuole saperne di più in anticipo, è già disponibile il breve formato online dell’Electrosuisse Expert Talk del 17.03.2022 dalle 16.30 (in Tedesco).

Ma cosa preoccupa di più l’industria in questo momento? Proprio così – la sicurezza dell’approvvigionamento non solo sta muovendo le turbine di pompaggio sempre più velocemente, ma sta anche accelerando sempre più l’agenda dell’industria. Non si tratta più di concentrarsi sul 2030-2050, ma di preoccuparsi del futuro prossimo. Cosa faremo se c’è carenza di elettricità? Abbiamo bisogno di costruire riserve idroelettriche? Disconnettiamo i grandi consumatori? Quali tecnologie dovrebbero essere usate di più o il cui sviluppo dovrebbe essere accelerato? Le centrali a gas dovrebbero essere utilizzate come soluzione provvisoria per compensare le fasi critiche di approvvigionamento fino a quando il fotovoltaico, l’eolico, l’idrogeno, l’energia idroelettrica, la gestione intelligente del carico e il rafforzamento della rete non subentreranno in quantità sufficiente?

Domanda dopo domanda – troverete le risposte alle Powertage 2022, sia nei forum specializzati di Electrosuisse e dell’AES in dialogo con eccellenti rappresentanti del settore, sia nella variegata area espositiva.

Vi terremo informati qui:

Eventi di Electrosuisse sull’energia e la mobilità: prendete subito nota!

Puoi trovare tutti gli eventi direttamente sulla nostra homepage, ordinati per data. Se volete partecipare con presentazioni o come partner espositivo, contattateci direttamente come indicato nella pagina dell’evento corrispondente.

– 23.03.2022 NetzImpuls Aarau: reti intelligenti e moderni modelli di mercato dell’energia

– 03.05.2022 FaktorEnergie Bern: Ingegneria energetica per l’industria e le società di servizi

– 10.05.2022 Congresso ferroviario di Lucerna: energia, trazione e digitalizzazione al passeggero

– 18.05.2022 Electrosuisse Powerparty 2022 Zurigo-Oerlikon

– 24.05.2022 FRED Losanna – Forum Romand dell’Illuminazione et della Domotica

– 22.06.2022 Il futuro energetico della città di Aarau – energie rinnovabili e carichi controllabili

Iscrizione a Electrosuisse (permette una partecipazione ridotta e a volte gratuita)

Nel 2020, circa il 76% (2019: 75%) dell’elettricità prodotta dalle prese svizzere proveniva da energie rinnovabili: il 66% da grandi centrali idroelettriche e circa il 10,3% da fotovoltaico, eolico, piccole centrali idroelettriche e biomassa. Il 20% è stato prodotto con l’energia nucleare e poco meno del 2% con rifiuti e fonti di energia fossile. L’origine e la composizione del 2% dell’elettricità fornita non possono essere verificate (2019: 4%).

I dati sul mix di fornitura di energia elettrica in Svizzera (mix di energia elettrica che esce dalla presa, vedi riquadro) vengono raccolti annualmente e pubblicati sul sito www.strom.ch/it/service/etichettatura-elettricita nel cockpit di etichettatura dell’energia elettrica. I dati pubblicati di recente forniscono informazioni sulle forniture di energia elettrica nel 2020. La dichiarazione completa di energia per l’etichettatura dell’energia elettrica è divenuta obbligatoria nel 2018. Ciò significa che l’elettricità di origine sconosciuta, la cosiddetta elettricità grigia, è consentita solo in casi eccezionali e fino al 2020. Poiché la maggior parte dei Paesi limitrofi non rilascia garanzie di origine per l’elettricità prodotta da centrali elettriche convenzionali, la Svizzera ha introdotto le cosiddette garanzie sostitutive. Ciò significa che l’elettricità a carbone proveniente dall’estero può essere dichiarata come tale e non è più classificata come « grigia ». La quota di elettricità da carbone importata con tali certificati sostitutivi si è ulteriormente dimezzata tra il 2019 e il 2020, passando allo 0,25%.

  • Il 66% dell’elettricità fornita nel 2020 è stato prodotto da grandi centrali idroelettriche (come l’anno precedente). Il 76% dell’energia idroelettrica fornita è stata prodotta in Svizzera (2019: 73,7%).
  • Il 19,9% (2019: 19,1%) dell’elettricità fornita è stata prodotta in centrali nucleari. Questo dato è inferiore alla quota di energia nucleare nel mix di produzione svizzero (32,9%). Come nell’anno precedente, l’energia nucleare fornita proviene quasi esclusivamente dalla Svizzera.
  • Il 2,1% (2019: 4,3%) dell’elettricità fornita proviene da fonti energetiche non verificabili. Con l’introduzione della dichiarazione completa nel gennaio 2018, le fonti energetiche non verificabili non sono più consentite, ad eccezione dei contratti di fornitura pluriennali stipulati prima del 1° novembre 2017 (per i quali si applica un periodo transitorio fino all’anno di fornitura 2020). Come previsto, la quota di fonti energetiche non verificabili è diminuita grazie alla dichiarazione completa. Le aziende ad alta intensità di energia elettrica acquistano i cosiddetti certificati sostitutivi per l’elettricità da fonti fossili e nucleari da centrali europee per le quali non vengono rilasciate regolari garanzie di origine.
  • La quota di nuove fonti di energia rinnovabile (solare, eolica, biomassa e piccole centrali idroelettriche) è continuata ad aumentare, passando dall’8,4% (2019) al 10,3% nel 2020. Circa l’87% è stato prodotto in Svizzera e ben due terzi sono stati sovvenzionati dal Sistema di rimunerazione per l’immissione di elettricità (SRI).
  • In piccole quantità, l’elettricità fornita nel 2020 proveniva da fonti energetiche fossili (1,8%, anno precedente 2%).


Il mix di produzione non coincide con il mix di fornitura

In Svizzera, il 58,1% dell’elettricità viene prodotto da centrali idroelettriche, il 32,9% da centrali nucleari, il 2,3% da combustibili fossili e poco meno del 6,7% da nuove energie rinnovabili (= mix di produzione svizzero 2020). Tuttavia, non è solo l’elettricità di produzione svizzera a essere fornita alle prese di corrente nazionali: gli scambi commerciali con l’estero sono intensi e l’elettricità viene esportata e importata. Pertanto, il mix di produzione svizzero non corrisponde alla composizione media dell’elettricità fornita (= mix di fornitura svizzero).

Per aver un quadro  trasparente del mix fornito da ciascun fornitore di energia elettrica e consentire così ai consumatori di prendere una decisione informata a favore di un determinato prodotto elettrico, dal 2005 le società svizzere di fornitura di energia elettrica sono obbligate per legge a rendere nota l’origine e la composizione dell’energia elettrica fornita. La dichiarazione si basa sempre sui dati dell’anno solare precedente. Dal 2006, questi dati devono essere comunicati a tutti i clienti con la bolletta dell’elettricità. Dal 2013 i dati sono pubblicati anche sulla piattaforma internet www.strom.ch/it/service/etichettatura-elettricita.